Cinquanta cent per toccarle, 4mila euro per comprarle: Sneakerness, la ‘fiera delle scarpe

È uno degli eventi più importanti d’Italia dedicato alle scarpe da ginnastica. Un mercato che vale sempre di più e che è sbagliato etichettare come “roba da ragazzini”

Mettersi in coda per comprare un paio di scarpe e poi rivenderle funziona, soprattutto a Milano dove ci si fanno dei bei soldi. Non ho mai capito perché alcune persone arrivino a spendere cifre folli per un paio di sneaker ma questo, probabilmente, è legato al fatto che quelle che ho indossato negli ultimi 29 anni siano costate quasi sempre meno di 150 euro.

A giugno mi sono trovato in mezzo a quasi un centinaio di ragazzini che, sotto gli occhi dei poliziotti, “assaltavano” il Foot Locker di corso Buenos Aires per accaparrarsi un paio di Yeezy, mercoledì 2 ottobre vedendo un evento sul nostro giornale ho deciso che avrei dovuto capire di più su questo mondo. Per questo sono andato a Sneakerness,  una “fiera” interamente dedicata al mondo delle scarpe da ginnastica rare. Ovviamente non sapendo assolutamente nulla ho chiesto un aiuto a Lorenzo, 29 anni, che dal 2013 fa la spola tra l’Asia e l’Italia per far rispettivamente produrre e vendere scarpe. Insomma, uno che di questo mondo sa qualcosa. E così siamo finiti di fronte al capannone di via Orobia.

Etichettare questo mercato come “roba da ragazzini” è sbagliato: uno dei portali più importanti dove si possono comprare sneaker rare (nato nel 2016) ad aprile del 2019 è stato valutato 1 miliardo di dollari e fattura circa 2 milioni di transazioni al giorno. Insomma: è un mondo dove girano parecchi soldi. L’edizione numero II di Sneakerness a Milano (la prima si è tenuta nel 2018) è stata dedicata alla lotta alla contraffazione. Uno dei problemi di questo mercato, infatti, sono proprio i falsi. “Diverse scarpe a tiratura limitata che vedi ai piedi della gente in giro per Milano sono delle copie — mi spiega Lorenzo —. Alcuni sanno di aver comprato un falso, altri sono vittime inconsapevoli …e certe volte hanno pure pagato una paccata di soldi”. Su questo fronte qualcosa si sta muovendo e i reseller (negozi che vendono le scarpe dopo i lanci ufficiali) stanno cercando di metterci una pezza con un sistema di autenticatura. Ma la domanda che mi ronza in testa è sempre e soltanto una: perché alcune scarpe arrivano a costare tutti quei soldi?

Cinquanta cent per toccarle, 4mila euro per comprarle: Sneakerness, la 'fiera delle scarpe YOUparti Fabbrica Orobia Milano

In questa foto ci sono tre paia di Nike. Tutte ricoperte dalla pellicola come se fossero tramezzini. Disegnate (partendo da sinistra) da Off White e Yeezy in collaborazione con Nike e realizzate in Asia in numero limitato. Il loro prezzo? Per poterle portare a casa servono 9.300 euro.

In questa foto ci sono tre paia di Nike. Tutte ricoperte dalla pellicola come se fossero tramezzini. Disegnate (partendo da sinistra) da Off White e Yeezy in collaborazione con Nike e realizzate in Asia in numero limitato. Il loro prezzo? Per poterle portare a casa servono 9.300 euro.

Ma perché costano così tanto? “Per produrre una scarpa simile in Asia i prezzi sono bassi, gran parte del prezzo è determinato dalla suola, la tomaia invece è relativamente economica e si può personalizzare senza troppi problemi — mi dice Lorenzo —. Queste sono tutte edizioni limitate e praticamente vengono realizzate col contagocce da Nike e poi vengono rivendute sia attraverso i canali ufficiali dell’azienda, sia attraverso alcuni rivenditori selezionati a cui ne vengono date veramente una manciata. E dopo che escono dal negozio a 150-200 euro il prezzo aumenta esponenzialmente. La regola? Una sola: meno ce ne sono più il loro valore aumenta. È semplicemente mercato”.

Un esempio concreto? “Prendi quelle Off-White x Nike Air Force 1 “Black” & “Volt” che ha addosso quel ragazzino — indica un adolescente che non avrà più di 15 anni — sono le prime per cui era volato qualche spintone fuori dal Nike Lab di Milano. In negozio sono state comprate a 170 euro, ora le trovi online intorno ai 700 euro. Il valore di pezzi ancora più rari poi schizza alle stelle come per quelle Air Yeezy 2 Pure Platinum: 4.500 euro (la prima scarpa a destra in foto, ndr)”.

Sneaker rare, quasi e solo Nike“

Girando tra gli stand di Via Orobia ci sono diverse casse. Una sola la colonna sonora: musica trap. E sempre passeggiando qua e là ci si rende conto di una cosa a colpo d’occhio: Nike fa da padrona. Le sue scarpe sono ovunque, praticamente su ogni bancone. E le due cose sono correlate: “Nike (pronunciato all’americana, naiki) ha attirato gran parte dell’attenzione perché ha fatto e sta facendo le collaborazioni più fighe, poi anche perché questi ragazzi qui (indica una cassa) le stanno spingendo con il loro modo di vestirsi”.

Ma non è solo la moda del momento: “La nostra generazione è quasi esclusivamente cresciuta indossando scarpe da ginnastica: sono pochi i trentenni che utilizzano scarpe ‘classiche’— dice Lorenzo —. Te ne accorgi in metropolitana: la maggior parte delle persone indossa sneaker, anche chi lavora — se deve indossare scarpe casual — usa delle scarpe da ginnastica e non modelli come Clarks. E il mercato si è adattato. Fino a tre-quattro anni fa se pensavi a una scarpa di Prada ti veniva in mente una calzatura di un certo tipo, comunque classica. Stessa cosa per Versace e Gucci. Ora nelle loro vetrine di Milano ci sono, ma possiamo dire anche che sono dominate da scarpe da ginnastica”.

50 cent per tenere in mano una scarpa

Girando tra gli stand della fiera nel pomeriggio di domenica ci sono molti ragazzi tra i 20 e i 30 anni, ma non sono pochi anche gli adolescenti con papà a seguito. I sacchetti a dir la verità non sono tanti. Probabilmente chi voleva comprare lo ha già fatto e forse i pezzi rari sono già stati cannibalizzati.

Per i non esperti, come il sottoscritto, sono due le cose che saltano all’occhio. La prima: le scarpe sono quasi tutte incellofanate come i tramezzini. La seconda cosa: i cartelli: “Touch for -.50”. In pratica le scarpe sono esposte e si possono ammirare ma per poterle anche solo toccare si paga: 50 centesimi. E la domanda sorge spontanea: davvero?

Fonte: MilanoToday