L’afterparty dei Backsreet Boys é stata un’esperienza…

Everyboooooody, Yeeeeeeeeah. L’abbiamo cantata tutti. Io mi ricordo ancora che avevo comprato la musicassetta, o se preferite cassettina dei Backstreet Boys e mi sentivo uno scopritore di talenti perché avevo subito intuito che Everybody fosse una hit. Molto probabilmente come me c’erano altre milioni di persone, ma questi sono dettagli. Mercoledì scorso la boyband della Florida si é riunita con tutti e 5 gli elementi sul palco del Forum d’Assago a Milano, registrando il tutto esaurito. Sono ancora in ottima forma e nonostante l’età, che li vede tutti intorno ai 40 anni e più, hanno ancora affrontato ore di balletti che hanno riportato tutti negli anni ’90. Sul cantare non c’é da dire niente perché i Backstreet Boys non si vanno a sentire per la qualità del canto, ma per carità, bravi.

Non mi chiedete come, un po’ per amicizia, un po’ per questioni di lavoro (di solito sto dietro ad una console) sono capitato all’after party del concerto dei Backstreet Boys, tenutosi al Nepentha, locale storico nel centro di Milano. Il club é piccolino, si riempie con 200 persone, infatti temevo l’orda assassina. Invece per fortuna non é arrivato l’inferno. Non si trattava di un afterparty ad invito esclusivo, ma un accordo commerciale come si usa fare spesso. Il manager concorda una fee per portare qualcuno degli elementi della boyband, se non tutti, in qualche locale dopo il concerto ed il pubblico paga per entrare. Un’ora di showcase e poi tutti a casa, questa é la prassi.

Al Nepentha arrivano Nick Carter, il biondo più desiderato dei 5 ed il povero Howie. Dico povero perché dai, non se l’é mai tanto cagato nessuno (e secondo me meritava). Il pubblico pagante arriva. 25 euro senza consumazione per l’ingresso e 250 euro se volevi avere un posto più vicino ai due ospiti (essendo il locale piccolo, il guadagno era di al massimo 1 metro e mezzo). Arriva un po’ di tutto in termini di pubblico, ma specialmente donne, tra i 30 e 40 con gli occhi a cuoricino. Qualche addio al nubilato, ma soprattutto 70 persone che decidono di sborsare 250 euro per sentire Nick e Howie cantare WannaBe delle Spice Girls. Bello, ma ecco, forse 250 euro non li avrei spesi.

Ho avuto modo di parlare con i due ospiti, perché nonostante tutti questi anni di carriera, non hanno imparato che se mettono due microfoni troppo vicini, questi fischiano. Così ho provato a spiegarlo ad un Nick Carter che mi ha ringraziato soddisfatto.

Non pensavo che nella mia vita sarei finito a spiegare a Nick Carter dei Backstreet Boys come si usa un microfono, e mi sa che, col senno di poi, forse preferivo continuare ad immaginarli come una band di superstar inarrivabili che canto quando sono sotto la doccia, e non quelli che sbraitano”Yo, I’ll tell you what I want, what I really really want” facendo fischiare i microfoni.

Comunque sia, lunga vita ai Backsreet Boys sempre.

Nick Carter Backstreet Boys Milano 3 YOUparti