MILANO BY NIGHT: è il 1998 ho 20 anni e giro per Milano

È il 1998, ho vent’anni e giro per una Milano sprovvista di Aree B e C con una vecchia Jeep nera e tre borse pesantissime stracolme di 33 giri. Dal Fiori Chiari in zona Brera al Jammin’ di Piazza XXIV Maggio, dall’American Sports Café (ex Madame Claude) dietro Piazza San Babila al Borgo Del Tempo Perso in Corvetto, dallo Shocking in Viale Monte Grappa all’On Stage in Galleria Manzoni. Tutti locali che oggi – *inserire lacrimuccia qui* – non esistono più.

La borsa più capiente contiene l’eurodance (volgarmente definita “commerciale”): i Soundlovers e i Vengaboys, Neja e Nina, Gala e Gaya. Ma in fondo – in un ipotetico ordine di battiti per minuto – c’è anche un pizzico di trance commestibile, a firma Atb, Storm e Faithless.

Dopo decine di martelloni progressive, il Capitano Gigi D’Agostino sforna la sua prima hit cantata e strutturata come una vera e propria canzone (Elisir), mentre a 10 anni dallo scioglimento rispuntano i sorrisi smaglianti (e un po’ inquietanti) dei Modern Talking, con una versione riveduta e corretta di You’re My Heart, You’re My Soul.

In un’altra borsa conservo con cura la house in grado di scalare le classifiche: Armand Van Helden, Danny Tenaglia, i Deep Dish e gli italianissimi Simpson Tune.

Il maestro Steve “Silk” Hurley, reduce dal successo di The Word Is Love dell’anno precedente, trasforma in oro tutto quello che tocca; a trarne beneficio sono soprattutto l’inglese Karen Ramirez e i nostri Jestofunk.

David Morales approfitta dell’estate per sfoggiare i pettorali nel video di Needin’ U, poi per compensare il machismo butta lì del sentimento confezionando un remix strappamutande di Crush di Jennifer Paige.

Tra le figure di riferimento della scena house svettano un bel po’ di nomi relativamente nuovi: quelli di Mousse T. (con Horny, certo, ma soprattutto con un mix davvero elegante di Saturday di Cunnie Williams & Monie Love), di Pete Heller (con un inno del calibro di Big Love) e di Bob Sinclar (con la discussa Gym Tonic, che oltre a fare incazzare di brutto Jane Fonda si vocifera essere opera di Bangalter, metà dei Daft Punk).

Non ci sono dubbi invece sulla paternità di Music Sounds Better With You (prodotto a 6 mani da Alan Braxe, Benjamin Diamond e Thomas Bangalter, appunto); un brano che – per stile, sonorità e arrangiamento – molto semplicemente cambia le regole.

Nella terza borsa – quella più piccola – c’è un misto di musica pop e pezzi alternativi, che faccio più fatica a inserire nei miei dj set.

Electronic Battleweapon 03 è un gustoso anticipo del nuovo disco dei Chemical Brothers (Surrender, che approderà sugli scaffali l’anno successivo).

Fatboy Slim viaggia a mille grazie a quella fucina di singoli che si dimostra essere You’ve Come A Long Way, Baby, ma trova anche il tempo di riportare in auge Renegade Master di Wildchild e di iniettare dosi di puro funk nelle vene di Ride The Pony degli olandesi Peplab.

Infine c’è un piccolo idiota di New York, discendente di un certo Herman Melville che scrisse un libro nel 1851, che di lì a breve darà alla luce un album che “non fu il primo a fare di un deejay una rock star, ma fu quello che per primo diede ad un musicista techno un’impostazione pop” (cit. Rolling Stone).

Il 1998 è qui, se volete ascoltarlo.

Music is the answer.

✍🏻 Marco Rigamonti


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