Il grido dell’industria degli eventi spazzata via dal coronavirus

Un milione di piccoli e grandi eventi prodotti da una «industria invisibile» spazzata via dal coronavirus. I primi a fermarsi, e probabilmente gli ultimi a ripartire, in Italia è proprio l’industry degli eventi, un comparto che sta perdendo oltre il 50% del fatturato, mettendo a rischio 570 mila posti di lavoro.

Questo indotto genera 65,5 miliardi di euro con un impatto diretto sul PIL italiano di 36,2 miliardi di euro/anno. E dopo i primi spiragli di Fase 2 annunciati da Conte, ora chiede misure immediate a supporto. Un grido di allarme per non far calare il sipario sui tanti eventi che hanno fatto dell’Italia la sesta nazione al mondo per impatto economico generato.

Dopo gli appelli di Tiziano Ferro, Vasco Rossi e Laura Pausini, sono ora le agenzie, associazioni e imprese del mondo degli eventi, dei congressi e della Live Communication a riunirsi sotto l’hashtag #ItaliaLive, attraverso un manifesto e una lettera aperta inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte; al Ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri; al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo Dario Franceschini.

«È stato giusto fermarsi. Non a caso tutto il comparto dell’Events & Live Industry non solo segue alla lettera le indicazioni delle autorità, ma è stato tra i primi a comprendere la gravità della situazione, proprio perché abituato a confrontarsi con i mercati internazionali, e a utilizzare la tecnologia per superare i limiti della quarantena – afferma Salvatore Sagone, portavoce di #Italialive e presidente del Club degli Eventi e della Live Communication –. Questa filiera, che mai prima di ora aveva richiesto, o avuto accesso a aiuti o a forme di tutela, oggi è profondamente colpita. Non solo le agenzie e le imprese vedono vanificati mesi di preparazione per i lavori annullati, ma si prevedono mesi di sacrificio per tutti gli operatori. Un percorso che molti non saranno in grado di sostenere e che verrà pagato soprattutto dalle piccole imprese, dai giovani e dai liberi professionisti». 

Per ripartire, continua Sagone, «occorre lavorare tutti insieme per riuscire a tornare nelle piazze così come nelle location e negli spazi fieristici. Ne siamo certi: il Paese potrà ripartire e ritrovare quella carica empatica che ora manca. L’Italia tornerà a essere “live”». «In questa fase di progettazione di ripresa delle attività del Paese è fondamentale che le istituzioni si attivino per definire date certe di riavvio delle attività congressuali, fieristiche e degli eventi aggregativi», commenta la presidente di Federcongressi Alessandra Albarelli. «La pianificazione anticipata è infatti un elemento chiave per lo svolgimento dell’attività di organizzazione degli eventi e solo con un calendario chiaro delle riaperture il mondo degli eventi potrà riprendere il proprio lavoro. Altrettanto decisiva è la condivisione con le imprese e i professionisti del settore delle regole previste per le Fasi 2 e 3 affinché i protocolli igienico-sanitari e comportamentali siano stesi con la collaborazione di chi conosce i processi organizzativi e i dettagli dell’intera filiera coinvolta nello svolgimento degli eventi».

La Live Industry chiede un’estensione degli ammortizzatori sociali per i lavoratori atipici del settore, crediti d’imposta, una detassazione degli utili imponibili relativi all’anno 2019 oppure introduzione di un meccanismo eccezionale di riporto all’indietro (loss carry-back) della perdita fiscale 2020, accesso automatico ai finanziamenti e la sospensione dell’acconto Ires e Irap, oltre alla richiesta di maggiore condivisione per le regole previste per la Fase 2 e successive.